Dopo avere perso molto nell’alluvione di Lugo, la mia città, mi interrogo sulle cause dell’alluvione in Emilia Romagna.
È un articolo più lungo del solito, ma ti consiglio di leggerlo tutto e, in particolare, di non perdere i consigli di approfondimento in Per Approfondire, in fondo alla pagina.
Sono passati 10 giorni da quando io, la mia famiglia e una famiglia di amici (fuggiti dalla rottura del Santerno di Sant’Agata) siamo rimasti isolati per ben 4 giorni, senza utenze, con la casa immersa in oltre 1 metro di acqua. E son passati 20 giorni dall’articolo in cui denunciavo l’incompetenza che aveva caratterizzato la gestione delle strutture di bonifica e l’incuria idrogeologica del territorio. Articolo scritto col magone, mentre le piogge riprendevano pochi giorni dopo la prima alluvione (quella del 3 maggio). Clicca qui per l’articolo Alluvione in Emilia Romagna: le piogge eccezionali sono la punta dell’iceberg di un dissesto idrogeologico profondo.
Da Lugo e dalla Bassa Romagna, raccolgo i miei pensieri di alluvionata su come l’alluvione in Romagna abbia fatto emergere la fragilità non solo idrogeologica, ma anche culturale del mio territorio.
Tra le cause dell’alluvione in Emilia Romagna: la fragilità culturale legata alla crisi della classe dirigente


L’alluvione dell’ Emilia Romagna di maggio 2023 vista da casa mia, a sinistra, e della campagna faentina a destra
Cercare le cause dietro alla distruttività delle 2 alluvioni che hanno colpito la mia amata Romagna in questo disgraziato maggio 2023 può sembrare un esercizio fazioso, al più inutile. Ma non lo è.
Quella che abbiamo affrontato è stata una delle più gravi calamità naturali degli ultimi anni, vero. Ma derubricare l’accaduto con il cambiamento climatico è sbagliato. Anche perché il cambiamento climatico ha origini antropiche ed è noto oramai da mezzo secolo, quindi non possiamo dire di esser stati presi alla sprovvista.
È stato un evento imprevedibile?
“No, al netto della quantità di pioggia caduta che sì possiamo definire abbondantissima, comunque non è stato imprevedibile, nel senso che rientra nelle statistiche degli esperti in idrometeografia. Voglio dire che quando, come paradigma per gli interventi, tecnicamente si parla di piene monosecolari, anzi, oggi il riferimento è stato cambiato in bisecolare, si hanno in mente proprio piene come quelle dei giorni scorsi”.
Intervista del Resto del Carlino all’Ingegner Claudio Miccoli (Ravenna 21 maggio 2023)
Vivo e lavoro in una delle zone più colpite, ovvero la Bassa Romagna. Dove i fiumi Senio, Santerno e Lamone hanno travolto e sommerso case, aziende, terreni e allevamenti circostanti. Dove il Canale Emiliano Romagnolo è stato lasciato straripare in città. Dove altre reti di canali, che caratterizzano il nostro territorio proprio per servire in caso di alluvione, sembra non siano state sfruttate correttamente. Dove, per giorni, ho vissuto alluvionata senza ricevere le informazioni che mi erano necessarie. Dove la gestione dell’emergenza ha dato l’impressione di essere sulle spalle del volontariato, più che gestita dalla direzione territoriale.
L’alluvione, secondo me, non ha solo messo a nudo la vulnerabilità fisica del territorio. Ha anche fatto emergere la nostra fragilità culturale. Cosa intendo con questo? Intendo la debolezza di una comunità che non ha saputo sviluppare una classe dirigente responsabile e preparata.
In questo blog-post ti racconto perché penso che le cause dell’alluvione in Romagna non risiedano solo nel cambiamento climatico, ma anche e soprattutto nell’appiattimento culturale e politico. Per poi proporre alcune considerazioni finali.
Due alluvioni in tre settimane: date e numeri della tragedia che ha colpito la Romagna


Due immagini del dramma personale e sociale rappresentato dall’alluvione in Emilia Romagna (campagna di Bagnacavallo a sin. e Sant’Agata sul Santerno dx)
L’Emilia Romagna, tra il 3 e il 20 di maggio 2023, è stata devastata da una violenta perturbazione atlantica, rinforzata da un ciclone mediterraneo, che ha portato piogge torrenziali della durata di 48-72 ore su tutta la regione. L’Arpae, l’Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia dell’Emilia-Romagna, ha registrato una media di 300 millimetri di pioggia in due giorni.
Ecco un veloce sunto delle due alluvioni dell’Emilia Romagna:
- Alluvione 3 e 4 maggio 2023: a causa di due giorni di forti piogge, i fiumi Lamone, Senio, Sillaro esondano e provocano allagamenti, frane e danni in diversi comuni. Faenza, Bagnacavallo, Castel Bolognese, Massa Lombarda Conselice sono alcuni dei comuni che vengono travolti alle prime luci del mattino da una violenta fiumana di fango.
- Alluvione 16 e 17 maggio 2023: dopo due settimane dalla prima alluvione, una nuova perturbazione porta due giorni di piogge torrenziali e incessanti sulla regione. Il 14 maggio l’Agenzia per la protezione ambientale della Regione Emilia Romagna comunica l’allerta arancione per criticità idrogeologica nelle provincie di Ravenna, Forlì Cesena e Rimini e le zone appenniniche di Ravenna e del bolognese. Lunedì 15 maggio vengono evacuati quartieri di Castel Bolognese e il giorno successivo, il 16 maggio, verso sera, partono le piene. Da quel momento alla sera del 17 maggio quasi tutta l’Emilia Romagna è alluvionata. Il 20 maggio viene reso noto che la superficie di territorio del Comune di Ravenna evacuata è circa il 16% dell’intero territorio comunale.
Straripano o rompono ben 23 corsi d’acqua, tra cui i fiumi Santerno, Sillaro, Savio, Lamone, Montone, Rabbi, Bidente-Ronco, e i torrenti Idice, Quaderna, Ravone, Senio, Marzeno, Pisciatello e Rigossa. Alcune località, come Bagnacavallo, Spazzate Sassatelli, Conselice e Faenza, si sono alluvionate per ben due volte!
I numeri del dramma: il bilancio dell’alluvione in Emilia Romagna


I danni alle strutture e infrastrutture sono immani, come anche le ricadute ambientali sociali ed economiche. Per questo interrogarsi sulle cause dell’alluvione in Emilia Romagna è centrale
- 44 comuni in stato di emergenza
- 476 strade chiuse a due settimane dall’ultimo evento
- 620 milioni il danno alla rete stradale e ferroviaria
- Oltre 1000 frane attive, di cui le più significative sono 305, concentrate in 54 comuni
- 50.000 sfollati di cui oltre 27000 sono del ravennate
- 50.000 posti di lavoro definiti a rischio
- 5.000 aziende agricole e allevamenti devastati
- 400 milioni di chili di grano persi (qui si ottiene circa 1/3 del grano tenero nazionale)
- 10 milioni (almeno) di piante da frutto irrimediabilmente danneggiate (verranno estirpate)
- 265mila animali morti affogati
- 100.000 tonnellate di rifiuti prodotte in 10 giorni (quantità che normalmente nelle stesse aree produciamo in 10 mesi)
Non l’ho voluto scrivere nell’elenco sopra, per rispetto nei confronti del valore unico delle vite umane. Sono ben 16 i morti dell’alluvione in Emilia Romagna. La cosa assurda è che 2 risalgono alla prima alluvione e ben 15 alla seconda. Tra l’una e l’altra sono intercorsi 10 giorni che, se sfruttati in modo strategico, avrebbero forse potuto impedire lo scempio di vite umane cui abbiamo assistito.
Alluvione in Bassa Romagna tra natura e politiche territoriali chi è più impazzito?


Immagini drammatiche della campagna e del contesto urbano durante le alluvioni di maggio 2023 in Emilia Romagna
Una delle zone più disastrate è stata la Bassa Romagna. Non è un caso che questo ampio spicchio del ravennate abbia questo nome: si tratta di terra strappata alle acque a furia di scariolanti, canali e chiuse. La Bassa Romagna è terra alluvionale. Per non tornare sotto le acque deve essere ben gestita in tutte le sue opere di bonifica e reti fluviali. Qui trovi anche un approfondimento sulla storia alluvionale della Romagna.
La gestione dei canali, come è stato evidente a tanti, non è andata come avrebbe dovuto. Per ben 2 volte nel giro di 3 settimane il reticolo di bonifica, creato appositamente per attenuare le piene, è risultato inefficace.
A Lugo di Romagna, l’acqua ha superato il metro di altezza, persino in alcune zone del centro storico. Molti residenti (me inclusa) hanno dovuto rifugiarsi ai piani alti oppure lasciare le loro case e sfollare. In alcune zone, ad esempio la mia (Lugo Ovest, via Canaletto), l’acqua malsana è stata mantenuta per oltre 3 lunghissimi giorni (dal giovedì alla domenica)!
L’alluvione dell’ Emilia-Romagna non è stata solo frutto della natura impazzita. Ma anche della follia della politica, territoriale e non. Un esempio?
L’ Emilia Romagna è prima, tra le regioni italiane, per cementificazione di aree alluvionali.
Come evidenziato da molti cittadini, enti e istituzioni, ci sono importanti responsabilità umane nella drammatica gestione dell’emergenza.
L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, l’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica, e il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Geologi: questi sono solo alcune degli enti che hanno individuato tra le aggravanti dell’alluvione in Romagna le inadeguate o errate politiche territoriali.
Viene anche fatto notare da più voci che la frammentazione decisionale, che ha reso il territorio, a tutti gli effetti, un complicatissimo puzzle da risolvere per passare dalla teoria ai fatti ha inciso non poco sulla questione. Vuoi leggere un’opinione autorevole a tale proposito? Leggi l’opinione del geologo Claudio Miccoli, ex responsabile risorse idriche e idrauliche dell’area romagnola. Oserei dire: disarmante.
Hanno anche ribadito che la distruttività dell’evento è stata accentuata dalla non adeguata gestione da parte della Regione Emilia-Romagna del proprio territorio. In particolar modo di non essere intervenuta sulle problematicità del dissesto idrogeologico e sulla legislazione sul consumo di suolo.
“L’Emilia Romagna è la terza regione d’Italia per consumo di suolo e la prima per cementificazione delle aree alluvionali”
Professor Paolo Pileri, docente di Pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano
Il quadro di opinione sulle cause dell’alluvione in Romagna si delinea così:
- Mancata manutenzione degli argini e delle opere idrauliche;
- Scarsa o nulla prevenzione;
- Cementificazione;
- Impreparazione delle persone nelle posizioni decisionali;
- Mancanza di coordinamento tra le diverse istituzioni coinvolte;
- Sottovalutazione dei rischi
Tutti questi elementi, secondo me, hanno contribuito ad aggravare una situazione già difficile di suo. E derivano tutti dalla gestione sia nel lungo che nel breve periodo della classe dirigente del territorio. Che dici?
Monopolio politico e fragilità culturale: le cause dell’alluvione in Romagna che nessuno vuole ammettere


La gestione del territorio Emilia Romagna nel lungo e breve periodo può indicarci vie per migliorare
La mia opinione è che la tragedia sociale ed economica in cui ci ritroviamo in Romagna non sia solo il risultato di una calamità naturale. Penso infatti che sia il frutto di una malagestione derivata dalla fragilità culturale del territorio che ha impedito una risposta adeguata all’emergenza. Fragilità culturale che, se non risolta, darà comunque risultati catastrofici in altre, anche se diverse, future situazioni. Per questo va affrontata con coraggio e onestà.
La fragilità culturale del territorio si manifesta in diversi modi, ma uno dei più evidenti, secondo me, è la mancanza di preparazione.
Ora tiro un gran sospirone: non è facile per me ammettere che la continuità politica che ha a lungo contraddistinto il mio territorio e di cui, fino ad oggi sono stata molto orgogliosa, è parte del problema. Perché, forse, non ha ha permesso di creare l’alternanza di visioni e politiche che possono sostenere la messa a punto di competenze rinnovate e aggiornate.
Questa condizione ha allontanato dalla vita politica molti cittadini con visioni, obiettivi, opinioni diverse dalla rete di leadership politica territoriale. L’impressione che ho è che questo abbia contribuito a depauperare ancora di più il territorio di competenze, appiattendo il tutto a livello di convenienza partitica.
Un esempio, eccolo qui sotto.
Un asilo al posto di un parco pubblico: l’amministrazione ridicolizza chi ha opinioni diverse


La zona di Largo Corelli alluvionata scelta per la costruzione di una nuova scuola per l’infanzia
Risale a meno di 2 mesi fa. Ho personalmente partecipato alla presentazione di uno dei progetti lughesi legati al Pnrr più propagandati. Si trattava della realizzazione di una nuova scuola dell’infanzia al posto di un grande parco cittadino (Largo Corelli).
-Piccolo inciso: il parco che avrebbe dovuto essere sostituito dall’asilo è rimasto allagato per giorni-
Una buona parte dei cittadini intervenuti all’incontro avevano chiesto all’amministrazione lughese di individuare un’area diversa, per evitare la cementificazione di un importante polmone verde cittadino. Diverse sono state le obiezioni sensate (abbattimento di una decina di alberi ventennali in salute, piano del traffico ancora non elaborato). Se vuoi approfondire, clicca sull’approfondimento dell’accaduto del Corriere di Romagna. A queste se ne sono unite un paio assurde (le grida dei bambini avrebbero disturbato la quiete, i valori delle proprietà avrebbero rischiato la svalutazione).
L’amministrazione lughese, sia durante la riunione che attraverso dichiarazioni successive, ha reso note solo le ultime due le motivazioni della controversia, quelle più ottuse, come puoi leggere qui. Di fatto andando a ridurre il dissenso all’espressione di persone socialmente limitate o meschine. Atteggiamento che ha trasmesso l’impressione di voler eliminare tentativi di pluralità di pensiero e opinione. Di voler limitare la partecipazione alla cosa pubblica ai soli cittadini che supportano la visione dell’amministrazione.
La diversità di opinione e di pensiero è, da sempre, fonte di rinnovamento e aggiornamento. I cittadini con idee diverse dalla maggioranza, in un contesto tanto escludente, si allontanano dalle dinamiche che riguardano il loro territorio. E questo allontanarsi dei cittadini dalla cosa pubblica aumenta le possibilità che il territorio venga male amministrato.
Alternanza politica e rabbia sociale: le mie idee per superare la fragilità culturale del territorio dopo l’alluvione in Romagna


Il dramma personale e sociale di chi ha perso tutto è ben rappresentato dalla distruzione del fango a Sant’Agata sul Santerno (sin) e nelle campagne di Boncellino (dx)
Non nego la responsabilità della natura o del cambiamento climatico. Piuttosto voglio evidenziare come la gestione del territorio Emilia Romagna e delle sue risorse debba subire un forte cambiamento, proprio per accogliere la linfa necessaria a prepararsi anche al cambiamento climatico. Penso che sia importante prendere coscienza di questa realtà e non lasciarci sopraffare dalla rassegnazione.
La continuità politica che, da un lato, ha dato sostegno a progettualità di lungo periodo, dall’altro ha creato terreno respingente opinioni diverse, fertile per interessi di parte e opacità.
In questo contesto, quindi, anche l’inserimento di competenze pare man mano andato affievolendosi. In effetti, poche persone capaci e competenti possono accettare contesti asfittici, impastoiati o amovibili.
Penso che sia possibile cambiare le cose, sempre che decidiamo di tornare a partecipare al dibattito pubblico e politico. Dando il nostro contributo. Anche se si viene respinti in modo sgradevole, come è successo a me solo per avere scritto questa analisi nel mio blog.
Credo che si debba partire dal favorire una maggiore alternanza politica. Questo può essere un modo per stimolare l’innesto di nuove e diverse idee. questo al fine di fermentare la creazione di una classe dirigente più aperta, competente e responsabile. Una classe dirigente che voglia ascoltare le esigenze dei cittadini e che sia in grado di pianificare e realizzare interventi efficaci per la prevenzione e il contrasto delle calamità naturali. Una classe dirigente che non si basi su logiche familistiche, clientelari o partitiche, bensì su merito e sulla trasparenza.
Se il territorio Romagna e la regione Emilia Romagna hanno fatto grandi cose è proprio perché i cittadini non hanno mai mollato e hanno sempre cercato compartecipazione alla tenuta sociale, economica e politica.
Arrabbiamoci: basta con l’idiozia di dover sopportare qualsiasi cosa in nome del quieto vivere


Abbiamo perso tutti tanto, alcuni troppo: non lasciamo che questo passi invano
Ci sono stati strappati via i sacrifici di una vita, in (troppi) terribili casi abbiamo perso persone amate. Non è quieto vivere, direi che è ben chiaro. Torniamo ad essere una cittadinanza consapevole dei propri diritti e doveri, incluso il ruolo di controllo nei confronti delle istituzioni. Uniamoci, facciamoci sentire e, se serve, arrabbiamoci.
La mia non è un’istigazione alla violenza, ma alla ribellione. La rabbia è considerata un’emozione negativa e spesso confusa come l’indizio di un pessimo carattere. La rabbia, invece, è fondamentale sia a livello personale (ci aiuta a capire ciò che vogliamo e contribuisce alla costruzione della nostra identità personale) che sociale. E’ la rabbia a unire le persone a unirsi per protestare contro una situazione ingiusta oppure non più tollerabile.
E’ la rabbia, non l’accettazione, che ci ha portato a conquistare diritti e libertà.
Da inizio maggio provo rabbia cocente: nasce dalla consapevolezza di essere gestita da persone distanti anni luce dal territorio e dalle sue esigenze. Ho capito, in questo mese, che voglio usare la mia rabbia non per distruggere (di distruzione ne ho già a sufficienza, tutt’intorno a me) ma per combattere le ingiustizie che la suscitano. Per questo motivo userò la mia voce pubblica (il blog, i miei social) per raccontare non solo la bellezza della mia amata Romagna, ma anche le storture. Con l’obiettivo non di puntare il dito, ma di chiamare quante più persone capaci alla partecipazione attiva.
Come mi ha riferito un ex consigliere del territorio “le competenze devono entrare nei consigli comunali, fare politica mettendoci la faccia senza restare nella bolla dell’associazionismo. Se i consigli comunali si riempiono di competenze, allora anche le giunte (gli assessori) saranno più competenti”. A quel punto, riavute competenze e capacità nella vita pubblica del territorio, sarebbe anche molto più facile investire attraversi bandi di assunzione reali (le competenze si pagano, gli amici si ripagano).
Questi sono i miei pensieri, adesso vorrei proprio sapere cosa ne pensi tu. Cosa ti ha colpito di più dell’alluvione in Romagna? Cosa pensi della fragilità culturale del territorio? Quali sono le tue idee sulle cause dell’alluvione? E suggerimenti per migliorare la situazione? Scrivimi nei commenti, su Instagram o contattami via email. Ti aspetto!
Per approfondire:
- Per approfondire i temi legati alla cementificazione in Emilia Romagna, ti consiglio quest’articolo “I danni dell’alluvione in Emilia-Romagna sono l’effetto del cemento?”
- La tanto sbandierata legge regionale sulla cementificazione è, in realtà, criticata da chi abbia a cuore il territorio della regione Emilia Romagna, leggi “Paolo Pileri: “La legge del 2017 ha persino aumentato il consumo di suolo”
- Per un’analisi generale leggi “Terreni secchi, disboscamento, case vicino agli alvei: le cause degli allagamenti in Emilia-Romagna
- Molto interessante anche “Incolpare il cambiamento climatico non ci assolve”
- A Lugo, negli anni, sono state tante e diverse le proteste contro la cementificazione, uno dei casi più recenti riguarda l’apertura di un supermercato, leggi qui