Alluvione in Emilia Romagna: le piogge eccezionali sono la punta dell’iceberg di un dissesto idrogeologico profondo

Foto dall'alto dell'alluvione in Emilia Romagna a maggio 2023: campagna di Bagnacavallo
Tempo di lettura: 8 minuti

11 Maggio 2023

Da una settimana l’Emilia Romagna è sotto i riflettori di tutti i media nazionali per la grave alluvione che ha colpito il suo territorio tra il 2 e il 5 maggio. Una catastrofe che ha provocato due morti, centinaia di sfollati, danni incalcolabili a case, aziende, infrastrutture e colture. Una catastrofe che non è stata causata solo da tre giorni di piogge eccezionali. Ma che affonda le radici nel dissesto idrogeologico profondo, frutto di scelte sbagliate o non fatte.

In questo blogpost rifletto sul territorio colpito, riscoprendone la storia. L’obiettivo è cercare di fare chiarezza in un contesto in cui si racconta solo di eventi climatici eccezionali ma si ignorano (da anni) problemi più grave e concreti.

Scrivo queste righe mentre la pioggia continua a cadere incessante e minacciosa. Il mio cuore è pieno di tristezza e di rabbia per quello che è successo e per quello che poteva essere evitato. Scrivo da Lugo di Romagna, dove abito e da dove ho visto con i miei occhi le conseguenze dell’alluvione nei paesi che ci circondano. Scrivo per condividere con voi il mio dolore e la cercare, assieme a voi, voi di ritrovare la speranza di un vivere più responsabile.

Edit: ho scritto un altro post, tre settimane dopo questo, dopo esser stata io stessa allagata. Leggilo, rifletto sulla inadeguatezza, a mio avviso, della classe dirigente del territorio.

Alluvione in Emilia Romagna: tre giorni di pioggia e la vita si ferma. 

Il panorama che oggi si osserva in questa fetta di Emilia Romagna, racchiusa tra il Reno, il Sillaro e il Lamone, fa strizzare il cuore.

  • Due vittime. 
  • Centinaia di persone evacuate dalle loro abitazioni a Faenza, Bagnacavallo, Boncellino, Spazzate Sassatelli, Conselice e zone limitrofe.
  • Aziende e attività chiuse: alcune hanno già dichiarato che non riapriranno, per le altre non si può fare altro che spalare.
  • Edifici travolti dalle acque dei fiumi che hanno tracimato. Molti altri, ancor più sfortunati, invasi dalla fanghiglia che è risalita dalle fogne e così facendo ha divelto tutte le pavimentazioni, riempiendo case, fabbriche, uffici di liquami malsani e maleodoranti. 
  • Linee ferroviarie interrotte, interi quartieri inondati di fango o acqua, aziende con macchinari rimasti sott’acqua per giorni.
  • Ettari ed ettari di campi coltivati e frutteti che oggi, a 7 giorni dall’alluvione, sono ancora sommersi da fango e acqua. Il che porterà alla totale perdita dei raccolti.
  • Interi paesi isolati dai tantissimi eventi franosi che hanno caratterizzato la zona collinare: mentre scrivo, il paese si Casola Valsenio ha ben 17 strade chiuse per frane, ad esempio. 

Assurdo pensare che queste (che sono alcune, mica tutte!) siano conseguenze di 3 giorni di pioggia, per quanto abbondante o successiva a un lungo periodo siccitoso. 

Alluvione in Romagna: una storia antica e un patrimonio da difendere

Si parla di condizioni meteo estreme e imprevedibili. Ma chi conosce la storia del territorio sa bene che non è così. La zona colpita in questi giorni, il ravennate, è un territorio che fino a un secolo fa era ancora in gran parte composto da palude e acquitrini. Sono territori attraversati da fiumi a carattere torrentizio, inclini a comportamenti burrascosi e ad esondazioni

Uno degli episodi più distruttivi nella storia di questo territorio, avvenne proprio nelle stesse zone coinvolte dall’alluvione attuale. Per intenderci: la rotta del Lamone del 1839 cambiò radicalmente la storia e il paesaggio di Ammonite, piccola località situata sulla destra del fiume, tra Santerno e Savarna. Il 2 giugno di quell’anno, a causa di una forte piena, il Lamone ruppe l’argine destro a Santerno e si riversò nella valle Bertina, creando un nuovo alveo che raggiunse il Primaro a Sant’Alberto. Il paese di Ammonite rimase isolata dal fiume e dalle altre località della riva sinistra. 

Proprio per la frequenza di questi episodi distruttivi, è dal 1500 che, in queste zone, si sono creati reticoli di canali, casse di colmata, fino ad arrivare alla deviazione stessa dei letti dei fiumi. L’ ultima, gigantesca, attività di bonifica risale agli anni ‘50. Opere che hanno portato a creare un sistema tra i più sofisticati d’Europa. 

Già nel 1967, Giuseppe Medici (di Sassuolo, tra i diversi ministeri ricoperti anche quello dell’agricoltura) ci anticipava quanto investire in modo assennato e progettuale nella manutenzione delle strutture e infrastrutture legate alla bonifica sarebbe stato centrale per il nostro territorio: 

“Oggi, bonificate le pianure, […] dobbiamo difendere questo nostro patrimonio, e quindi trovare una soluzione che sia la più conveniente per garantire la vita della popolazione e la sicurezza.  […]  La difesa del suolo e la congiunta regolazione delle acque rappresenta un compito fondamentale dello stato moderno.  […]  Gli investimenti [in questo ambito], se sono apparentemente meno produttivi di quelli di altre opere pubbliche, nel corso del tempo, da 15 a 30 anni, si dimostrano, anche sul piano economico, sicuramente convenienti” 

Giuseppe Medici

Come ho scritto sui miei social (a proposito: se non lo stai già facendo segui i racconti di Piadina Story anche su Instagram), la bonifica non è un’opera conclusa, ma un processo continuo che richiede attenzione e manutenzione

Alluvione in Emilia Romagna: perché il territorio è stato tradito? 

E quindi? cos’è successo? Perché nel fine settimana di sole appena passato la popolazione della Bassa Romagna e di Faenza si è ritrovata con gli stivali immersi nella melma puzzolente e un badile in mano o (i più fortunati mi vien da dire) ad assistere a manifestazioni sportive che si proponevano come aiuto alla popolazione alluvionata? 

La medesima acqua può sostenere o affondare una nave

Proverbio cinese

È successo che, dopo secoli e secoli di lotte per strappare terra vivibile e coltivabile alla palude, in queste zone le attività di bonifica sono state relegate ai margini del processo di sviluppo economico. Investimenti, competenze e responsabilità hanno preso (troppo spesso) strade altre e diverse. 

È successo che che miopia e irresponsabilità hanno portato a ignorare per anni l’importanza della corretta pianificazione territoriale, preferendo seguire logiche di breve termine.

I fondi per il dissesto idrogeologico non vanno solo spesi. Vanno spesi bene.

L’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna non è un’emergenza imprevista, bensì il frutto di una situazione di rischio idrogeologico ben nota e documentata.

Già nel 2015, il rapporto Ispra sul dissesto idrogeologico in Italia indicava l’Emilia Romagna come una delle regioni più esposte alla pericolosità da frana e da alluvione, con conseguenze gravi per la popolazione, le imprese, i beni culturali e le infrastrutture. Trovi un articolo sul Rapporto Ispra del 2015 in merito all’alto rischio idrogeologico (incluso frane e alluvioni) qui.

Un rapporto che avrebbe dovuto scatenare l’allarme e stimolare interventi di prevenzione e di mitigazione del rischio, ma che invece è rimasto inascoltato. Ora siamo di fronte alle drammatiche conseguenze di questa negligenza, tra le altre.

Il Presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Provincia di Ravenna, Giovanni Gualtieri, in un recente intervento ha sottolineato la necessità di una politica integrata e competente che sappia valorizzare le peculiarità e le risorse di ogni territorio. Una politica che è mancata per troppi decenni, sostituita da chi ha lasciato nel degrado i nostri corsi d’acqua e ha consumato suolo in modo irresponsabile. Leggi l’articolo con l’intervento di Giovanni Gualtieri qui.

Ravenna, la città che si mangia il suolo: Rapporto ISPRA 2022 

Il Rapporto Ispra del 2022 parla chiaro: per il terzo anno consecutivo, Ravenna si conferma tra i primi in Italia per consumo di suolo, con altri 68 ettari di territorio coperti da cemento in un solo anno. Qui puoi accedere alla presentazione del Rapporto Nazionale “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2022”

Una vergogna nazionale. Un disastro ambientale, che ha conseguenze drammatiche anche sul rischio idrogeologico.

Più cemento significa meno suolo in grado di assorbire le acque piovane, più deforestazione significa meno protezione naturale dalle esondazioni fluviali. L’area del ravennate che è stata colpita duramente dalle recenti alluvioni, che hanno messo in ginocchio la popolazione e l’economia, è un’area fortemente deforestata e cementificata.

Non abbiamo bisogno di chissà quali grandi cose o chissà quali grandi uomini. Abbiamo solo bisogno di più gente onesta

Benedetto Croce

Il ravennate è un territorio in cui la rigenerazione urbana si fa inaugurando centri commerciali in territori già fortemente coperti da questi servizi. In cui non è raro trovare parchi pubblici lasciati al più completo abbandono o, peggio ancora, destinati ad essere ridotti per ospitare edifici pubblici per i quali non si (sa o vuole) trovare collocazioni più indicate.

A tale proposito, qui trovi un articolo del 2021 in cui si evidenzia il malumore della cittadinanaza lughese neu confronti di “riqualificazione” fatta con la cementificazione legata all’apertura dell’ennesimo centro commerciale.
L’evidenza è sotto il naso di tutti: le voci degli esperti in materia di terreni agricoli, di riforestazione, di regimazione delle acque sono spesso rimaste inascoltate. E la popolazione paga e pagherò un prezzo altissimo la follia di chi continua a sacrificare il territorio.

È ora di dire basta al consumo di suolo e alla distruzione del territorio. È ora di pretendere azioni e non becera propaganda. Azioni volte a valorizzare e proteggere le risorse naturali e culturali della nostra Emilia Romagna e dell’Italia tutta.

Il rischio idrogeologico deve essere prevenuto, la vita e il lavoro delle persone devono essere difesi.

Se sei d’accordo con me, condividi questo articolo e diffondi il messaggio. Una maggiore consapevolezza saprà sostenerci nel cambiare le cose

Per Approfondire:

Sono Elena Resta, abito a Lugo di Romagna, nella mia amatissima provincia di Ravenna. Mi occupo di web marketing e strategie narrative. 

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