Ricostruzione Emilia Romagna post alluvione, 90 giorni dopo maggio 2023: Alessandra di Sant’Agata sul Santerno racconta
Immagina di ritrovarti una mattina di maggio, dopo una notte di terrore, sirene e distruzione, ad osservare impotente la perdita di tutto ciò che hai. La tua casa, il tuo lavoro, la tua sussistenza sono stati travolti da un’ondata di fango e acqua. Immagina di dover buttare via quello che hai costruito e di dovere pagare, anche, per farlo. Immagina di dover affrontare una burocrazia complessa ed elefantiaca, che ti promette sostegni che, però, non arrivano. Immagina di sentirti solo e abbandonato, mentre la politica sale su palchi, canta e presenzia a programmi televisivi, feste o dirette social con una frequenza che neanche i Ferragnez.
Questa è la quotidianità, da 90 giorni, di migliaia di persone in Emilia Romagna. Colpite da una delle peggiori alluvioni mai viste, affondate dalla percezione di abbandono da parte delle istituzioni.
Una tragedia che ha causato 16 morti, 15 mila sfollati e danni per miliardi di euro. Che ha messo in evidenza la fragilità del territorio, sottoposto a un consumo di suolo sconsiderato e a una manutenzione insufficiente. Una tragedia che ha mostrato la scarsa responsabilità delle istituzioni, che promettono ristori al 100% e contributi senza, a oggi, concretizzarli nemmeno in parte.
Ok. Adesso sai come va a finire l’articolo. Se continui a leggerlo è perché hai la fissa di finire di leggere tutto quello che inizi. Oppure perché vuoi capire quali siano le conseguenze nella vita di noi cittadini di uno Stato percepito come assente. Cosa che a 90 giorni dall’alluvione i territori alluvionati dell’Emilia Romagna raccontano molto bene.
Oggi, 17 agosto 2023, 90 giorni dopo le alluvioni che hanno sconvolto la Romagna e parte del bolognese, come stanno i cittadini coinvolti? Te lo racconto io, alluvionata di Lugo di Romagna, dando voce a una cittadina della devastata Sant’Agata sul Santerno.
La ricostruzione dell’Emilia Romagna post alluvione attraverso il racconto di una cittadina di Sant’Agata su Santerno
Alessandra ha 49 anni e fino a maggio 2023 lavorava nell’attività di famiglia. Erano proprietari del panificio storico di Sant’Agata sul Santerno, aperto negli anni ’60. Producevano pane e prodotti da forno e dolciari, tra cui una pizza coi ciccioli pazzesca! Poi è arrivata l’alluvione che ha sommerso tutto. Il che è nulla rispetto alla melma dell’abbandono. Ma andiam per gradi.
Alessandra ci racconta la sua storia con coraggio e dignità. E sincerità. Ti assicuro che ti farà riflettere molto.
Condividi questo articolo sui tuoi social, perché possa essere letto da quante più persone possibili. Chiediamo che gli italiani siano consapevoli dell’urgenza di sostegno da parte dello Stato e si facciano voce per tutti gli alluvionati, chiedendo un intervento concreto e immediato.
Alessandra: raccontaci chi sei. E cosa è successo nella notte del 17 maggio 2023. Da qui iniziamo.
“Sono Alessandra, ho 49 anni e vivo a Sant’Agata sul Santerno, accanto a Lugo di Romagna, in provincia di Ravenna. Quello che ho vissuto è stata una catastrofe che ha travolto la mia vita e quella di migliaia di altre persone.
Alle 11 di notte del 16 maggio, la piena del Santerno è arrivata nel tratto che attraversa il centro cittadino di Sant’agata e alle 3 e 45 del mattino il Santerno ha rotto. Il fiume si è scaraventato con una violenza mai vista, dentro alle nostre case, nei nostri negozi. Le nostre vite son state sommerse. Io e la mia famiglia, come tantissimi altri, abbiamo perso il nostro lavoro, il nostro sostentamento, la nostra serenità. Noi siamo stati fortunati a non perdere tutta la casa, al piano terreno avevamo solo i servizi. Ma molti altri hanno perso anche quella.
Acqua e fango sono arrivati nel giro di un quarto d’ora. E’ stato tutto velocissimo e violentissimo. Non abbiamo potuto salvare nulla, nemmeno le attrezzature. Ho salvato me stessa e la mia famiglia, per fortuna.
Il paese di Sant’Agata sul Santerno è devastato, da allora. La ricostruzione in Emilia Romagna post alluvione, tanto raccontata, a Sant’Agata sul Santerno non esiste. Da allora, c’è ancora gente che vive fuori casa perché le abitazioni sono inagibili. È un paese senza più un’economia. Qui, dove avevamo tutto, oggi han riaperto solo un bar e il negozio delle parrucchiere. Il medico riceve in un container, la farmacia non si sa quando e se riaprirà, sull’asilo non si sa ancora nulla di certo. Viviamo in un contesto devastato”
La vita dopo l’alluvione dell’Emilia Romagna: la sfida è non lasciarsi abbattere dal sentimento di abbandono
Domanda: Come sei riuscita ad organizzarti? Dove hai vissuto? Come hai affrontato le sfide quotidiane dopo l’alluvione?
“È stato molto difficile organizzarsi dopo l’alluvione. Non sapevamo da dove cominciare, cosa fare, a chi rivolgerci. Ci siamo sentiti soli e abbandonati dalle istituzioni. È stata la solidarietà dei volontari, di amici o conoscenti, a fare la differenza.
Sono state tante le difficoltà quotidiane con cui ci siamo confrontati che non avevamo mai considerato: la mancanza di acqua, di energia elettrica, di gas. Abbiamo affrontato la mancanza di cibo o l’impossibilità di cucinarlo, per i tantissimi che hanno perso le cucine al piano terra. La mancanza di mezzi di trasporto, visto che qui da noi il trasporto pubblico è quasi nullo e tantissime automobili sono state inghiottite dall’acqua. La mancanza di sicurezza, di pulizia, di igiene. La mancanza di speranza, di fiducia, di senso di sicurezza.
I figli sono stati quelli che hanno sofferto di più l’alluvione, nell’immediato. La più piccola andava a scuola e dopo due settimane si è trasferita da una carissima amica di Faenza che l’ha ospitata fino alla fine della scuola perché eravamo senza macchina e non avremmo saputo come portarla a scuola. L’altro figlio l’ha presa malissimo: terrorizzato, emotivamente devastato: per una settimana non si è alzato dal letto per non vedere il disastro.
E non credere che tutto questo sia finito. Dobbiamo lottare ogni giorno con la paura di essere dimenticati dallo Stato, di una ricostruzione che non inizia. Affrontare l’assenza di sostegno concreto e andare avanti. Nonostante tutto.”
Alessandra, di Sant’Agata sul Santerno
Parliamo di gestione dell’alluvione da parte dell’amministrazione statale: avete ricevuto risposta immediata ed efficace alle esigenze dell’emergenza e successiva ad essa?
“Ci siamo sentiti abbandonati a noi stessi, senza alcuna visione su come saremmo stati aiutati a recuperare una vita serena. Visione che oggi, 3 mesi dopo il 17 maggio, ancora non abbiamo. .
Sono grata ai volontari, perché ne sono accorsi tanti: una vera piena di aiuto e sostegno! Io mi ricordo che il sabato e la domenica successivi all’alluvione abbiamo avuto dentro casa, dentro al forno, almeno 30 persone! Che ci aiutavano a fare tutto quello che da soli non saremmo mai riusciti a fare. Grazie anche ai vigili del fuoco, che hanno soccorso le persone in difficoltà, le famiglie con bambini piccoli e gli anziani senza cibo.
Però, a un certo punto la fase di emergenza è terminata, come è giusto che sia: i volontari sono rientrati. E noi siamo stati lasciati qui: con le strade piene di polvere dei nostri detriti, con le case distrutte, i preventivi per rimettere in piedi una vita con cifre spesso spaventose“
Ecco la testimonianza di RavennaWebTV dei primissimi giorni dalla ritirata del fiume da Sant’Agata sul Santerno:
L’intervista prosegue sotto il seguente paragrafo che è una mia (Elena Resta) personalissima riflessione sullo Stato. A furia di essere popolata, guidata, brutalizzata da elementi ben rappresentati dagli esempi che sotto riporto
L’amministrazione statale non ci appare più rivolta a soddisfare bisogni collettivi in maniera diretta e immediata, come da nostro ordinamento giuridico, ma persa nella totale incapacità di capire la vita reale delle persone e la portata di una devastazione di questo tipo. D’altra parte gli amministratori sono quelle stesse persone che si fanno riprendere a bordo piscina assicurandoci che ” Il governo è al lavoro perché tutti possano andare in vacanza”. O ancora che sventolano un cedolino con un netto mensile di 4.718 Euro per dichiarare seri e computi: “4.718 Euro sono una buona indennità ma non uno stipendio d’oro”.
Hai voglia a scrivere Ten bota (o tin bota, come nelle zone del cesante-riminese)
Dal mondo di Barbie della macchina amministrativa statale ti riaccompagno nel disastrato e bombardato mondo degli alluvionati romagnoli, a 90 giorni dalla tragedia che li ha colpiti. Alessandra ci prende per mano e ci fa riaffondare nella cruda realtà dei cittadini alluvionati, con le sue parole.
Gli aiuti ai cittadini: dal 100% al nulla. Ma a suon di valzer e trashate
“A oggi, la nostra famiglia deve ancora ricevere i contributi contributi promessi (parliamo di 3.000 Euro, stanziati dalla presidenza del Consiglio dei Ministri per mezzo della Protezione Civile Nazionale).
Per la nostra attività è stato erogato un migliaio di Euro. Considera che non ne basterebbero 200 mila per riaprire, se volessimo ripartire con tutte le attrezzature che avevamo prima, smaltendo quelle alluvionate e ripristinando i locali. Un esempio: il forno in cui cuocevamo, nuovo, costa 50 mila euro. Adesso è pieno di fango: ci hanno chiesto 5 mila euro solo per demolirlo e buttarlo via.
Ecco. Dimmi tu come si fa non solo a rimettere in piedi un lavoro, ma anche un paese, un’economia, in questo totale abbandono istituzionale! Sant’Agata sul Santerno oggi è un paese fantasma e noi, per lo Stato, i fantasmi che lo popolano. Che cosa sia il nostro futuro non lo so. Ci sentiamo in balia degli eventi e stiamo cercando di capire che cosa sarà di noi.”
Che idea ti stai facendo, non da tecnica, ma da cittadina, sui lavori di messa in sicurezza?
“Stanno lavorando poco o tanto? Gli argini li stanno sistemando bene? Come stanno procedendo? Non riceviamo alcun tipo di informazione e quindi la paura resta. Siamo immersi in tante informazioni, ma queste, per noi vitali, non ci vengono fornite. E senza informazioni monta l’incertezza e con questa la paura. La paura di rivivere quello che abbiamo vissuto, non appena tornerà a piovere. La paura di perdere ancora di più, la paura di non avere più nulla. La paura di non avere più una vita normale, una vita dignitosa, una vita sicura. Questa è la mia idea, da cittadina, da alluvionata, da persona che ha visto il suo mondo crollare in un attimo. E questa è l’idea che hanno tante altre persone come me, che aspettano risposte, che aspettano soluzioni, che aspettano giustizia”
Riflessione personale di Elena Resta: aspettano soluzioni, gli alluvionati romagnoli. Ma in tutta risposta non ricevono silenzio, che sarebbe già più dignitoso. Perché il nulla arriva corredato da un profluvio di valzer, coretti, dirette Social e battibecchi da comari. Cabarettisti, spesso trash, sono gli stessi esponenti dello Stato che dovrebbero lavorare per restituire serenità ai cittadini.
L’appello di Alessandra: siate la nostra voce e unitevi a noi per chiedere che lo Stato sostenga i cittadini alluvionati. Non siamo noi responsabili di questa situazione!
Non si è mai parlato, scritto, tanto di Romagna come negli ultimi tempi. Secondo te il racconto dei media è stato sincero, preparato, affidabile in merito a quello che ci è successo? Che idea ti sei fatta?
Credo che lo stato reale delle cose non sia arrivato alle persone. Ok cantare Romagna mia, ok la storia che i romagnoli sono forti, ok che si tirano su le maniche, ok ok ok. Però anche basta. Non abbiamo bisogno di questa comunicazione mistificata.
Alessandra di Sant’Agata sul Santerno, a 90 giorni dall’alluvione
“L’Emilia Romagna in questo momento deve essere aiutata. Non ce la faremo da soli. Gli aiuti avrebbero dovuto esser già qui. E’ impensabile che una situazione così grave con tante distruzioni dalla collina al mare non abbia portato agli aiuti immediati a cittadini e attività. Aiuti che ci permettano di metterci in sicurezza e che consentano ai nostri paesi di resistere.
Se le attività non partono l’economia non riparte e i paesi muoiono. Oggi Sant’Agata sul Santerno sembra il Far West: polvere ovunque per le strade che entra in casa, i muri tra le case distrutti, cancelli divelti, dentro le case la gente c’è chi non ha nulla se non brandine e fornelli da campeggio in cui preparare una minestrina. E non si vede nessuno in giro, che non siano i privati, che stia ricostruendo. I ristori a oggi non sono stati né distribuiti a tutti e quel poco che è stato distribuito è irrisorio, di fronte all’entità del danno.”
Quello che serve adesso è che lo Stato stanzi i fondi e inizi subito a ricostruire. Di ricostruzione se ne parla tantissimo, ma la verità è che è in capo solo ai privati. Ma le famiglie non hanno soldi per ricostruire paesi interi.
Alessandra di Sant’Agata sul Santerno, a 90 giorni dall’alluvione
Grazie Alessandra per averci raccontato la tua storia con tanta sincerità e coraggio. Sono sicura che chi leggerà queste parole sarà toccato dalla tua testimonianza e dalla tua forza. C’è qualcosa che vorresti dire a chi legge questo articolo? Un messaggio, un appello?
“Vorrei dire a chi legge questo articolo di non pensare che in Emilia Romagna ce la stiamo facendo, solo perché vedono i politici che cantano Romagna Mia o perché si parla costantemente della forza dei romagnoli. La verità è che gli alluvionati hanno perso tutto e stanno ancora aspettando giustizia e sostegno, che non arrivano. E sono passati tre mesi!
Faccio un appello: condividete l’articolo e chiedete che lo Stato si presenti a Sant’Agata Sul Santerno e in tutti i territori devastati dalle alluvioni di maggio 2023 e cominci veramente a ricostruire e a dare sostegno alle famiglie.
Chiedo a chi legge questo articolo di condividere la nostra storia, di farla conoscere, di farla arrivare a chi può fare qualcosa per cambiare le cose. Vorrei chiedere a chi legge questo articolo di non lasciarci soli, di non lasciarci perdere la speranza. Vorrei chiedere a chi legge questo articolo di essere parte della nostra ricostruzione, della nostra rinascita, della nostra Romagna. La Ricostruzione dell’ Emilia Romagna post alluvione deve essere concreta, non uno slogan. Grazie a chi ci aiuterà.
Per Approfondire
- Dopo 3 mesi da quel terribile 17 maggio, i territori non sono ancora in sicurezza. Cosa succederà alle prime piogge? I cittadini denunciano l’incuria, ma spesso restano inascoltati. Leggi qui Lugo, a 90 giorni dall’alluvione, una diga di tronchi e rami sul Santerno a Villa San Martino: “Incuria inaccettabile”
- Quali sono le cause dell’alluvione in Emilia Romagna? Ne ho scritto in due articoli eccoli qui: Alluvione in Emilia Romagna: le piogge eccezionali sono la punta dell’iceberg di un dissesto idrogeologico profondo e Tra le cause dell’alluvione in Emilia Romagna la crisi della classe dirigente
- L’aiuto dei volontari per gli alluvionati è stato, spesso, l’unico aiuto ricevuto. In ogni modo, è stato fondamentale perchè la situazione drammatica non lo fosse ancora di più! Ne ho scritto in Alluvione Emilia Romagna: 4 storie dei volontari di Romagnoli Popolo Eletto emozionanti
- Stefano Bernardeschi, founder di Romagnoli Popolo Eletto, è stato uno dei personaggi cardine del volontariato durante l’alluvione: leggi l’Intervista a Stefano Bernardeschi: come aiutare col sorriso. Il racconto di Romagnoli Popolo Eletto che non ti aspettavi